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Malgradotutto @UCCIqnL3o-fjsG7DyuvCfDpg@youtube.com

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Welcoem to posts!!

in the future - u will be able to do some more stuff here,,,!! like pat catgirl- i mean um yeah... for now u can only see others's posts :c

Malgradotutto
Posted 20 hours ago

CENTRO ADDESTRATIVO PER I PILOTI ELICOTTERI DA GUERRA IN LIGURIA. A REALIZZARLO L’ISRAELIANA ELBIT SYSTEMS
di Antonio Mazzeo - 29 ottobre 2024
Sorgerà in Liguria un grande centro di formazione ed addestramento dei piloti di elicottero delle forze armate italiane e straniere; la realizzazione sarà affidata ad un’azienda leader del complesso militare-industriale di Israele. Quanto costerà è difficilissimo capirlo, dato che gli importi stimati differiscono parecchio nei documenti ufficiali del Ministero della Difesa.

L’infrastruttura è ritenuta di rilevanza strategica all’interno del Documento programmatico pluriennale della difesa per il triennio 2024-2026, fresco di pubblicazione da parte dello Stato maggiore. “Sono istituite le risorse per l’implementazione del segmento MM del Rotary Wing Mission Training Center (RWMTC) presso la stazione elicotteri di Luni (provincia della Spezia), interconnettendolo con quello di Viterbo”, riporta il documento. “Il progetto, sviluppato in cooperazione internazionale, è finalizzato alla realizzazione, al funzionamento e supporto del Centro di Simulazione al volo per ala rotante, che ha lo scopo di massimizzare l’efficacia dell’addestramento di base e recurrent degli equipaggi di volo dell’Esercito Italiano, dell’Aeronautica Militare e della Marina Militare, consentendo l’esecuzione di eventi addestrativi relativi al volo tattico e all’assolvimento di specifiche missioni di volo”.

“Nel 2024 l’impresa ha ricevuto il necessario incremento finanziario per sostenere l’integrazione del segmento MM del RWMTC nel sedime di Luni e la federazione dei simulatori già ivi esistenti con il conseguente allineamento prestazionale”, spiega lo Stato Maggiore delle forze armate. “È in corso lo specifico iter d’approvazione. Il programma ha ricevuto un’integrazione di 44 milioni di euro attraverso risorse a fabbisogno recate dalla Legge di Bilancio 2024”. (1)

Il programma pluriennale Rotary Wìng Mission Training Center (RWMTC) – segmento Marina militare è stato approvato con decreto del Ministero della Difesa n. 8/2024 (A.G. 208) e il 27 settembre scorso è approdato in Commissione parlamentare difesa, corredato delle schede tecnica e illustrativa, onde ottenere il parere previsto dalla legge. I membri delle due Camere si dovranno pronunciare entro il 10 novembre 2024.

“Il Rotary Wing Mission Training Center (RWMTC), autorizzato con il decreto dello Stato maggiore della Difesa n. 37 del 2019, prevedeva la realizzazione di un centro di simulazione al volo per ala rotante nella sede di Viterbo, con possibilità di espansione e federazione con altri simulatori”, si legge nello Schema di decreto ministeriale inviato al Parlamento. “Le potenzialità di crescita del programma, nonché le specifiche esigenze addestrative della Marina, hanno evidenziato l’estrema funzionalità di prevedere la creazione di un segmento presso il sedime aeroportuale di Luni, in modo da ampliare le potenzialità degli esistenti sistemi di simulazione per le linee EH-101 e NH-90 (gli elicotteri multiruolo in dotazione alle forze armate italiane, nda)”.

“La nuova architettura contribuirà, altresì, a consolidare le capacità esprimibili dal neo-costituito Centro di Addestramento e Standardizzazione al Volo su Mare (CASVM) di Luni, ponendo al contempo le basi per il completamento dell’architettura con tutti i sistemi di simulazione, in aderenza al progetto di Training Distribuito della Marina Militare (TDMM)”, prosegue il documento. “In aggiunta, il segmento MM del RWMTC di Luni consentirà di raggiungere una piena capacità formativa e addestrativa aderente alle necessità dei Reparti di volo operativi, a beneficio della linea NH-90 (entrambe le varianti), con importanti ritorni nella preparazione degli Equipaggi di Volo che imbarcano sulle Unità della Marina a supporto delle attività della Squadra Navale”.

Stando allo Schema di decreto ministeriale, il programma è stato concepito con una durata complessiva ipotizzata di 15 anni, a partire dall’anno in corso. “L’onere previsionale complessivo è di circa 49 milioni di euro”, si spiega. “Il completamento del programma per il restante valore previsionale di 5 milioni di euro, sarà realizzato attraverso successivi provvedimenti finanziari, finalizzati al completamento delle attività di supporto in servizio dei simulatori”.

Relativamente alle stime di spesa per il RWMTC di Luni, il dicastero a capo delle forze armate è costretto ad ammettere che esse non corrispondono a quanto riportato nel Documento di programmazione della Difesa riferito al triennio 2024-2026. “Per quanto riguarda gli aspetti finanziari, in esso si fa riferimento ad uno stanziamento pari a 6,93 milioni nel 2024; 44,27 milioni nel 2025; 23,95 milioni nel 2026; 34,20 milioni per il periodo 2027-2029 e 64,12 milioni per i successivi periodi fino al 2038”. Complessivamente si tratta pertanto di 173,47 milioni di euro, 124,47 in più di quanto indicato nella Scheda di programma presentata alle Camere.

“La 1^ Fase, implementata in autonomia e indipendenza dalle altre, è finanziata a valere sugli stanziamenti derivanti da capitoli del settore investimento del Bilancio Ordinario del Ministero della Difesa nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente per 44 milioni di euro e comprende l’enucleazione del segmento MM del Rotary Wing Mission Training Center (RWMTC) da Viterbo a Luni, la federazione del già esistente simulatore Full Flight Simulator SH-90
HITN, le nuove infrastrutture, il networking/security capability, nonché la conduzione ed il supporto logistico per il medesimo periodo dei simulatori che saranno situati presso il sedime di Viterbo”, aggiungono i vertici della Difesa. “Per quel che concerne i profili industriali e il ritorno occupazionale, si specifica che l’industria nazionale (diversi stabilimenti in Italia) risulterà impegnata nelle diverse fasi della produzione dei sistemi in parola. Al riguardo, l’area geografica interessata al relativo assemblaggio finale sarà verosimilmente identificabile in Lombardia/Friuli Venezia Giulia, a maggior connotazione industriale specifica sia per la parte software che meccanica, mentre la filiera di sub-fornitura sarà in tutta Italia. La realizzazione di tale progetto avrà un forte impatto positivo sulle PMI (piccole e medie imprese, nda), distribuite su tutto il territorio nazionale, che si rifanno all’indotto nel campo della filiera dei componenti meccanici e dei prodotti di software, oltre alle risultanti attività logistiche connesse all’aumento dell’afflusso del personale in regime di missione nella zona di Luni. Si stima, altresì, una positiva ricaduta economica e occupazionale nei settori industriali interessati al programma, in quanto i simulatori da acquisire sono prevalentemente progettati, sviluppati e prodotti dall’industria nazionale, la quale occupa posizioni d’eccellenza nel settore. Saranno evidenti anche ritorni in termini di know-how a favore dell’industria nazionale nel campo della realizzazione di sistemi di simulazione di alto profilo”. (2)

Grandi affari per le industrie belliche nazionali, secondo il Governo Meloni-Crosetto, che però nello schema inviato ai parlamentari omette di indicare il nome e il cognome delle principali beneficiarie del programma multimilionario. La sorpresa, amara e indigesta, arriva da una tabella riepilogativa allegata al Documento programmatico per il triennio 2024-2026 (pagina 203), dove il progetto del Centro addestrativo dei piloti elicotteri viene indicato tra quelli di competenza di industrie estere e più specificatamente di Elbit Systems Ltd – ISR, il colosso israeliano con quartier generale ad Haifa e fatturato di 5,5 miliardi di dollari nel 2022, leader nella progettazione e produzione di sistemi di guerra e per la sicurezza (velivoli aerospaziali; sistemi di comando, controllo, telecomunicazione e intelligence; velivoli senza pilota per le operazioni di sorveglianza ed attacco missilistico; sistemi avanzati elettro-ottici e per le cyber war, ecc.). (3)

La conferma che l’affaire Rotary Wing Mission Training Center è in mano ad una delle più potenti macchine da guerra e di morte dello Stato di Israele arriva dalla consultazione di alcuni atti redatti recentemente dal Segretariato Generale della Difesa e Direzione Nazionale degli Armamenti del Ministero della Difesa. L’1 febbraio 2024 è stato protocollato in particolare un decreto a firma del direttore (il generale Giuseppe Lupoli) in cui si fa riferimento al Contratto n. 942 stipulato l’8 settembre 2020 con il Raggruppamento Temporaneo di Imprese costituito tra Leonardo S.p.A., Elbit Systems Ltd ed Elbit Aerospace Italy S.r.l. per la “realizzazione del Rotary Wing Mission Training Center (RWMTC) e servizio di supporto, per un ammontare complessivo di 239.790.000 di euro”.

LEGGI TUTTO QUI
⬇️
Link: antoniomazzeoblog.blogspot.com/2024/10/centro-adde…

LEGGI ANCHE: Gaza, Negri: “abbiamo appaltato la nostra sicurezza a Israele e siamo complici della colonizzazione"
https://youtu.be/PF-aHF86AHo

39 - 27

Malgradotutto
Posted 2 days ago

Iran «avvisato», ma non è guerra in guanti bianchi -
di Alberto Negri - 28 ottobre 2024
La resa dei conti Il patto di Abramo, voluto da Trump e appoggiato da Biden, attende le monarchie arabe, basta leggere il comunicato dell’Arabia saudita che ieri condannava «la violazione della sovranità iraniana» ma non aveva neppure il coraggio di nominare Israele

Un attacco «telefonato», «oltre a Washington anche l’Iran è stato avvertito», «gli iraniani non risponderanno»: così dicono i media nel tentativo di tenerci tranquilli.

Sembra che la rappresaglia israeliana contro l’attacco di Teheran del primo ottobre sia una sorta di guerra «in guanti bianchi». In realtà è una guerra e basta, che aspetta solo il suo tempo – forse il prossimo presidente Usa – per sfociare in una escalation. Tutti sanno che l’Iran e il suo programma nucleare sono la vera ossessione di Netanyahu da decenni: ma per colpire al cuore la Repubblica islamica serve l’imprescindibile sostegno militare americano. Resa dei conti rinviata?

La guerra però continua, eccome, a mietere vittime e distruzione. Nella notte tra venerdì e sabato in cui è stata colpita anche Teheran – per la prima volta dagli Scud scagliati da Saddam Hussein nel 1988 – gli israeliani hanno scaricato bombe in Libano, a Gaza, a Damasco, giusto per far capire che le premesse di una tregua per ora sono ancora deboli, in attesa anche di capire cosa accadrà oggi a Doha nel vertice tra i capi di Cia, Mossad e Qatar, primo tentativo di riaprire la finestra dei negoziati dopo l’uccisione del leader di Hamas Yahya Sinwar.

Ma se pensiamo che questa sia una guerra soltanto di Israele ci sbagliamo di grosso. Non ci sono soltanto le forniture belliche miliardarie a Tel Aviv. Un’inchiesta trasmessa da Al Jazeera – la rete del Qatar – ci informa che Usa e Gran Bretagna hanno attuato in un anno un vero e proprio «ponte aereo» su Israele con 6mila voli militari, di cui almeno 1200 cargo. Ma c’è dell’altro. Su oltre 1200 voli di ricognizione e intelligence per individuare i bersagli da colpire il 20% sono stati attuati da aerei israeliani, il 33% da quelli americani e il 47% dagli inglesi. In poche parole il 70% dei sorvoli di ricognizione per colpire Hamas e Hezbollah – salvo poi contribuire ad abbattere edifici, ospedali, scuole, e uccidere dei civili – sono stati effettuati dagli anglo-americani i cui veivoli decollano dalle basi in Germania, Grecia, Cipro e da quelle dell’Italia nel centro del Mediterraneo. Ecco come siamo coinvolti in questa guerra senza che naturalmente nessuno ci dica nulla.

Forse quando il governo Meloni, come annunciato, aprirà una base logistica militare in Qatar anche noi come Al Jazeera verremo informati di quello che accade in Medio Oriente, visto che i nostri alleati della Nato si guardano bene dal farlo.

Quindi, quando si parla di legalità internazionale dobbiamo stare molto attenti. In realtà anche con il «ponte aereo» stiamo aiutando Israele a compiere la distruzione di Gaza e del Libano mentre chiediamo anche a Netanyahu di fare un accordo di tregua a Gaza e in Libano. Siamo scivolati in una situazione paradossale e alla lunga insostenibile, almeno per le coscienze se non per la bieca realpolitik.

Questa settimana i peacekeeper delle Nazioni Unite hanno affermato che i soldati israeliani hanno di nuovo sparato contro uno dei loro posti di osservazione nel Libano meridionale, aggiungendo che la situazione della sicurezza era «estremamente difficile». I soldati dell’Idf hanno sparato contro un posto di osservazione Onu vicino al villaggio di confine di Dhayra, e l’Unifil ha dichiarato che «le guardie di turno si sono ritirate per evitare di essere colpite». Sappiamo come la pensa Tel Aviv: i caschi blu con la loro presenza, dice Netanyahu, fanno da scudo ai terroristi.

Gli attacchi alla missione dell’Unifil non sono «incidenti» perché per il premier israeliano Netanyahu pure il diritto umanitario internazionale è un nemico. Lo ha detto lui stesso nel discorso all’assemblea generale dell’Onu quando ha l’ha definito una «palude di bile antisemita», un linguaggio che riprende un ritornello di Donald Trump, senza contare che al segretario generale alle Nazioni Unite Guterres è stato vietato l’ingresso nello stato ebraico come «persona non grata». E noi assecondiamo il premier israeliano con un profluvio di ipocrisia. Il segretario di stato Blinken nel suo ultimo viaggio in Medio Oriente ha affermato «che le forze di pace dell’Onu devono essere protette». E lui cosa fa? Manda con gli inglesi i suoi aerei da ricognizione per favorire i bombardamenti israeliani in Libano ma si guarda bene dal fare qualcosa per garantire la missione Unifil. I radar dei suoi aerei devono essere ciechi quando sorvolano i caschi blu nel mirino dell’esercito israeliano. Del resto che cosa aspettarsi da un’amministrazione che come inviato di pace in Libano ha mandato Amos Hochstein, un ex ufficiale dell’Idf?

Questa non è un guerra «in guanti bianchi» per un nuovo ordine in Medio Oriente, ma ha l’obiettivo di disgregare questa regione frantumandola per linee etniche, religiose e settarie. Divide et impera. Il patto di Abramo, voluto da Trump e appoggiato da Biden, attende le monarchie arabe, basta leggere il comunicato dell’Arabia saudita che ieri condannava «la violazione della sovranità iraniana» ma non aveva neppure il coraggio di nominare Israele.
Ubi maior…

leggi anche: Alberto Negri, Come l'Occidente ha perso il Medio Oriente e il Mediterraneo
https://youtu.be/yykqJNeaxuM

134 - 67

Malgradotutto
Posted 2 days ago

Perché tutti noi dobbiamo vedere questo documentario Rai
[di Fabrizio Gatti #27ottobre] qui il link: www.raiplay.it/video/2024/10/Chi-salva-una-vita-sa…

Un giorno in pretura, con Roberta Petrelluzzi, puntualmente racconta l'Italia su Raitre attraverso i casi giudiziari più famosi. Una delle puntate della nuova stagione si intitola “Chi salva una vita, salva il mondo” e la si può rivedere su RaiPlay. Grazie all'intensa ricostruzione narrativa di Tommi Liberti e Antonella Nafra, ha la potenza di un documentario: racconta il processo nato da una lunga inchiesta giornalistica di cui Today.it/ ha pubblicato le ultime puntate (le trovate in fondo a questo articolo, con il link al documentario di RaiPlay).

“Chi salva la vita, salva il mondo” sono le parole pronunciate nell'aula del Tribunale di Roma da una delle parti offese: un sopravvissuto che, alla deriva a nuoto nel mare Mediterraneo, rivolta il corpo di un bambino a testa in giù nell'acqua. E con un forte massaggio all'addome, gli ridona il respiro.

"Un giorno in pretura" dedicato al naufragio dei bambini
La storia risale a uno dei più grandi disastri del Mediterraneo, il naufragio dei bambini, avvenuto venerdì 11 ottobre 2013: 268 persone annegate, tra le quali 60 minori, e 212 salvate in una operazione di soccorso, avviata con colpevole ritardo a causa di uno scaricabarile di responsabilità tra Italia e Malta.
Per la prima volta vittime, sopravvissuti, testimoni e soccorritori vengono messi di fronte ai fatti. Con i loro volti, le loro voci e i momenti di silenzio quando la commozione strozza il respiro in gola.
Imputati nel processo, perché quel giorno erano loro in servizio, sono l'allora comandante della centrale operativa della Guardia costiera italiana e il collega capo della sezione operazioni correnti del Comando della squadra navale della Marina militare: entrambi riconosciuti colpevoli per omicidio colposo plurimo e rifiuto di atti d'ufficio, ma salvati dalla dichiarazione di non doversi procedere per la prescrizione dei reati. Una sentenza confermata in appello, che però espone lo Stato italiano a milioni di risarcimento per le 268 vittime. Non pubblichiamo quindi i nomi degli imputati, riconoscendo loro un misericordioso diritto all'oblio. Anche perché al loro posto potrebbe ritrovarsi chiunque di noi, in qualsiasi momento della propria vita, abbia pensato che il soccorso non sia un gesto obbligatorio.
Questo documentario è anche un momento di riscatto di strumenti fondamentali della nostra democrazia: il dovere della testimonianza, il giornalismo libero, l'assoluta imparzialità dei giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Roma, presieduta da Anna Maria Pazienza, che hanno preso la loro decisione in totale contrasto con le richieste della Procura.

"Chi salva una vita, salva il mondo" va visto a scuola
“Chi sale su quella barca è perché non ha chance”, ricorda in udienza Alessandra Ballerini, uno dei legali delle famiglie delle vittime che con la sua indagine difensiva è riuscita a evitare che ben due procure archiviassero l'inchiesta. “Erano medici – conclude l'avvocato Ballerini – avevano il passaporto, avevano soldi. Ma non gli è stato concesso il visto”.

Sarebbe bello che il ministro dell'Istruzione, Giuseppe @G_Valditara

, consigliasse la visione di questo ottimo lavoro del nostro servizio pubblico nelle scuole superiori. E magari già dalla terza media. Sarebbe straordinario che la premier Giorgia Meloni e Matteo Salvini organizzassero una proiezione collettiva a tutto il consiglio dei ministri (invito che andrebbe esteso alla Commissione europea e a tutti i governi europei). E sarebbe certamente utile al mondo che ciascuno di noi dedicasse 76 minuti della propria vita a questo straordinario documento. Non tutti, per fortuna, la pensiamo allo stesso modo. Ma l'ignoranza – intesa come non conoscenza dei fatti – è una colpa grave se poi decidiamo, agiamo, governiamo guidati dalla stessa ignoranza. Come probabilmente è accaduto quel tragico 11 ottobre

119 - 45

Malgradotutto
Posted 2 days ago

Gli attacchi a Cafiero De Raho e Scarpinato in Commissione Antimafia per me vanno letti così
di Davide Mattiello - 27 ottobre 2024
Bisogna prendere molto sul serio le parole di Marcello Dell’Utri che, alla domanda sulla “discesa in campo” dei figli di Berlusconi, risponde che le circostanze sono molto diverse da quelle di allora. Ha ragione.

Se tra il 1989 e il 1994 bisognava resistere al terremoto politico provocato dalla fine della Terza guerra mondiale (meglio nota come “Guerra Fredda”), inventando nuovi veicoli che consentissero almeno ai più robusti di passare indenni sotto le macerie a qualunque costo e cioè, per mutuare dalle ispirate parole del ministro Salvini, di imbarcare “cani e porci” (ovvero mafiosi, piduisti, fascisti e razzisti secessionisti) portandoli in salvo, oggi la partita è un’altra. Oggi, avendo gli eredi-al-quadrato (del Duce e di Berlusconi) preso saldamente nelle mani il potere istituzionale, la partita è tutta culturale, ma guai a confondersi: non per questo è una partita meno grave, anzi lo è in maniera esponenziale, perché è con la cultura che si cambia in profondità la realtà di un Paese (rectius, di una Nazione).
Qual è la posta in gioco? Da un lato recuperare il fascismo dai rottami maledetti della storia, dall’altro giustificare quanto accaduto tra il 1989 e il 1994, sgombrando il campo definitivamente da tutti gli spettri che avvelenano la narrazione epica della fondazione della “Seconda Repubblica”, quella che baluginò davanti agli occhi degli italiani per la prima volta all’inaugurazione dello shopville Gran Reno di Casalecchio il 23 novembre 1993, con Berlusconi che rispose ai giornalisti: “Se fossi romano, voterei per Fini”. Per questa partita l’impero Mediaset è ancora più importante di quanto non lo fosse trent’anni fa, tanto più con i chiari di luna al Ministero della Cultura e Solarità Meridiana.
In questa prospettiva credo vada letta l’aggressione sistematica a Federico Cafiero De Raho e a Roberto Scarpinato in Commissione Antimafia. Ne ho già scritto e non ci torno, se non per sottolineare che la situazione si sta facendo ancora più allarmante con la presentazione formale della proposta di legge per bandire dalla Commissione i componenti in presunto conflitto di interessi.

Peccato per l’antimafia! Perché mentre le risorse migliori del Parlamento sono impiegate nello sforzo di riscrivere la storia italiana, passando per la riscrittura della strage di Via D’Amelio, le mafie, cui non difetta la propensione ad accumulare ricchezze in maniera illecita, contendo agibilità alla politica democratica, si stanno riorganizzando alla grande, in una dimensione sempre più transnazionale, fatta di droga, violenza, nuove tecnologie e riciclaggio, tutte caratteristiche che si intravedono nell’ultimo successo delle polizie italiane e alleate che hanno arrestato a Medellin il boss Gustavo Nocella.

C’è poi un’altra notizia che fonda l’impressione che le mafie siano in fase espansiva, una notizia passata un po’ in sordina forse a causa della cattiva stampa da cui è bersagliata l’Onu da quando si è impuntata a difendere l’esistenza del diritto internazionale, ovvero l’aumento esponenziale della quantità di terreni colombiani dedicati alla coltivazione di coca – passati in un anno da 230mila ettari a 253mila ettari (fonte Undoc), nonostante la pluridecennale attività governativa di contrasto. Vuol dire che il mercato… tira!

Le storie che arrivano da alcune aree del nostro Paese inoltre smentiscono l’adagio per cui le mafie non sparano più: mafiosi e aspiranti tali continuano ad adoperare la violenza come riserva e fondamento di potere e di identità e a pagarne sempre più spesso il prezzo sono giovanissimi inermi, come nel caso di Antonella Lopez a Bari e del ragazzino di 15 anni, Emanuele Tufano, freddato davanti a un chiesa a Napoli nonostante il famigerato “decreto Caivano”, che ha prodotto soltanto la saturazione ulteriore, indegna e pericolosa, del sistema penale minorile.

Mancano i “morti eccellenti”: un po’ per furbizia, un po’ perché, riprendendo le sagge parole dell’ex senatore e pregiudicato Dell’Utri, le circostanze oggi sono molto diverse da allora. Ma l’alchimia tra violenza mafiosa di strada e politica criminale altolocata potrebbe rifiorire all’occorrenza, come è sempre successo nella storia del nostro Paese, vuoi per neutralizzare minacce diversamente non governabili (come le vicende di Daphne Caruana Galizia e di Ian Kuciak ci rammentano), vuoi per alimentare opportunamente la percezione di una minaccia incombente. In questo senso non tranquillizzano le notizie che riguardano la scarcerazione per decorrenza termini di alcuni boss d’altri tempi. Quelli che non tornano più, secondo la chiosa melanconica del più volte citato ex senatore.
FQ 27 ottobre 2024

leggi anche : Scarpinato: "Quel che non sapeva Mattarella è che Andreotti incontrava i vertici di Cosanostra"
https://youtu.be/FI-ydYUJWrI

216 - 26

Malgradotutto
Posted 2 days ago

Capo ad interim degli aiuti delle Nazioni Unite: "Il disprezzo per l'umanità deve cessare" nel nord di Gaza
Dichiarazione sul Nord Gaza di Joyce Msuya, Sottosegretario generale facente funzioni per gli Affari umanitari e Coordinatrice degli aiuti d'emergenza

New York, 26 ottobre 2024

Non si può permettere che ciò che le forze israeliane stanno facendo nella parte settentrionale di Gaza assediata continui.

Gli ospedali sono stati colpiti e gli operatori sanitari sono stati trattenuti. I rifugi sono stati svuotati e bruciati. Ai primi soccorritori è stato impedito di salvare le persone da sotto le macerie. Le famiglie sono state separate e uomini e ragazzi vengono portati via a camionate.

Centinaia di palestinesi sarebbero stati uccisi. Decine di migliaia sono stati costretti a fuggire ancora una volta.

L'intera popolazione della Striscia di Gaza settentrionale rischia di morire.

Questo palese disprezzo per i diritti fondamentali dell'umanità e per le leggi di guerra deve cessare.

Pubblicato il 26 ottobre 2024

[foto Palestinesi valutano la distruzione causata da un attacco aereo israeliano sulle tende che ospitano famiglie sfollate fuori dall'ospedale dei martiri di Al-Aqsa a Deir Al-Balah, nella Striscia di Gaza centrale.]

www.unocha.org/news/acting-un-relief-chief-disrega…

leggi anche, Ovadia:“presupposto falso, ‘guerra al terrorismo’ di Israele, che controlla persino anagrafe a Gaza”
https://www.youtube.com/watch?v=SfcK1...

195 - 20

Malgradotutto
Posted 2 days ago

Israele è criminale, stia fuori dall'Onu - 27 ottobre 2024
Le Nazioni Unite non hanno mai espulso nessuno Stato membro. Tuttavia nel 1974 si tentò di allontanare il Sudafrica dell’apartheid: un caso che presenta diverse analogie con l’oggi
La misura è colma. Lo Stato di Israele non può più stare nelle Nazioni Unite. È diventato uno Stato fuorilegge che infrange uno dopo l’altro i capisaldi del diritto internazionale e che fa sfoggio della propria impunità potendo contare sulla protezione politica e sul sostegno militare senza limiti degli Stati Uniti.
Se così non fosse, Netanyahu non avrebbe mai osato insultare l’Onu, in piena Assemblea Generale, definendola “una palude di bile antisemita”, e non avrebbe fatto uccidere, durante il solo 2023, 230 dipendenti dell’Unrwa nel corso di bombardamenti, incendi e assalti a scuole, depositi di viveri, convogli di aiuti umanitari marcati Onu. L’Unrwa è l’agenzia creata nel 1949 dall’Assemblea Generale per assistere i rifugiati palestinesi creati dalla “Nabka”, la catastrofe del 1948 che vide 700 mila palestinesi cacciati con la violenza dalle loro case e dalla loro terra dalla milizia sionista che divenne l’esercito di Israele. Tutto ciò facendosi beffa dei piani di insediamento stabiliti dall’Onu, e inaugurando una lunga serie di crimini e di illegalità che arriva fino ai nostri giorni. E che sta alla radice della fondazione dello Stato di Israele nonché di Al Fatah, Hamas, Hezbollah e simili.
Accanto all’Unrwa, la seconda maggiore vittima dell’ostilità israeliana verso le Nazioni Unite è l’Unifil, una missione composta da 50 paesi, creata nel 1978 dal Consiglio di Sicurezza per promuovere la pace in Libano. L’Unifil ha pagato finora con 337 vite umane l’attuazione del suo mandato. Non tutte le sue perdite sono dovute ad attacchi israeliani, ma è proprio in queste settimane che è esplosa tutta l’insofferenza di Tel Aviv contro possibili testimoni di atrocità pianificate e sul punto di essere attuate.
Dal 1948 fino a oggi, sono oltre 24 le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza che criticano o condannano l’occupazione illegale di territori e le crudeltà di Israele contro i palestinesi. Alcune di queste risoluzioni sono diventate famose per essere richiamate di frequente durante le crisi scatenate da Israele.
La risoluzione 242 del 1967 stabilisce il ritiro di Israele dai territori occupati dopo la Guerra dei Sei giorni allo scopo di favorire una pace duratura nel Medio Oriente. Le risoluzioni 446 del 1979, 904 del 1994, 1073 del 1996 e 1394 del 2002 si uniscono alle 155 risoluzioni approvate dall’Assemblea generale dal 2015 a oggi e che riguardano i tre interventi militari in Libano precedenti quello in corso, gli insediamenti illeciti in Cisgiordania, il ritiro da territori occupati, le stragi e le deportazioni di civili palestinesi.
Queste deliberazioni della maggioranza globale sono altrettante tappe del solco che si è scavato tra i governi di Israele da un lato, e le Nazioni Unite e il resto del mondo dall’altro. I 41 mila morti di Gaza, i 100 mila feriti, i milioni di sfollati del Libano e di Gaza, i ripetuti attacchi all’Iran, allo Yemen e alla Siria, gli assassini mirati di singole personalità straniere avvenuti nel corso dell’ultimo anno non sono giustificabili in alcun modo. Non sono eccessi di legittima difesa causati dal massacro di 1200 civili israeliani.
Ci troviamo di fronte a uno Stato membro dell’Onu colpito da un processo degenerativo. Diventato un aggressore seriale che non riesce ad astenersi dal commettere crimini contro l’umanità, crimini di guerra, tentati genocidi e stragi a ripetizione per poi fare la parte della vittima e rifugiarsi dietro lo scudo degli Stati Uniti.
Nessuno Stato membro è mai stato espulso dalle Nazioni Unite. Tuttavia, l’organizzazione ci è andata molto vicino, nel 1974, nel caso del Sudafrica, un caso che presenta evidenti analogie con quello odierno di Israele. Il dibattito all’Onu sull’espulsione del Sudafrica non fu scatenato solo dalla crescente avversione internazionale nei confronti dell’apartheid, ma anche dalla continua occupazione Sudafricana della Namibia, definita illegale dalla Corte internazionale di giustizia, come nel caso dell’attuale occupazione israeliana del Libano e della Cisgiordania.
Tutto iniziò nel 1969, con la risoluzione 269, in cui si affermava che, qualora il Sudafrica non si fosse ritirato dalla Namibia, il Consiglio di Sicurezza si sarebbe “riunito immediatamente per stabilire le misure efficaci” da adottare.
Fu sollevato il tema dell’applicazione dell’articolo 6 della Carta delle Nazioni Unite, che riguarda la procedura di espulsione di uno stato membro, da votare in Assemblea Generale su proposta del Consiglio di Sicurezza.
Il Sudafrica non fu espulso dall’Onu solo perché tre su cinque membri del Consiglio di Sicurezza – Usa, Francia e Regno Unito – posero il veto sulla proposta. Si trattava pur sempre di un bastione anticomunista da proteggere. Ma l’Assemblea Generale aggirò l’ostacolo nel 1974 rifiutandosi di accettare, a stragrande maggioranza, le credenziali della delegazione sudafricana. Il Sudafrica restò così escluso dalla partecipazione all’Assemblea Generale per ben venti anni, fino al 1994, rientrandovi solo dopo la fine dell’apartheid.
La situazione attuale di Israele è molto più grave di quella Sudafricana degli anni 70. In entrambi i casi siamo di fronte a regimi rogue, “delinquenti”, ai margini della comunità internazionale. Ma lo Stato razzista bianco – posto di fronte agli attentati commessi dall’ala terroristica del movimento di liberazione guidata dal giovane Mandela e alle enormi manifestazioni di piazza – non tentò il genocidio o la deportazione della popolazione nera. Gli anni della transizione alla democrazia, perciò, costarono ai neri sudafricani “solo” 14 mila morti. Negli ultimi decenni della sua vita, il regime di Joannesburg non mosse guerra né all’Onu né alle missioni Onu. Il suo tramonto è avvenuto con un accordo tra le parti e con la promessa di una futura riconciliazione.
Mandare via Israele dall’Onu è una misura drastica, ma necessaria. Occorre rompere la bolla di isteria e onnipotenza dentro cui vive un regime di psicopatici che non si rendono conto di essere in guerra non contro i palestinesi e il Medio Oriente, ma contro il mondo intero. Lo choc può essere salutare anche per il suo protettore, una superpotenza in declino tentata di andare nella stessa pericolosa direzione.


Pino Arlacchi, già vicesegretario generale dell’Onu

leggi anche Ovadia:“presupposto falso, ‘guerra al terrorismo’ di Israele, che controlla persino anagrafe a Gaza”
https://www.youtube.com/watch?v=SfcK1...

612 - 128

Malgradotutto
Posted 5 days ago

“È una vergogna allontanare Scarpinato dalla Commissione Antimafia”: i parenti delle vittime contro la proposta di legge del centrodestra - 24 OTTOBRE 2024
La proposta di legge presentata dal centrodestra per escludere dai lavori della Commissione Antimafia i parlamentari che si trovano in condizioni d’incompatibilità manda su tutte le furie i parenti delle vittime di mafia e delle stragi terroristiche. Come già l’opposizione, anche loro leggono tra le righe dei quattro articoli scritti da sei deputati (due di Forza Italia, uno di Fratelli d’Italia e uno rispettivamente di Lega, Noi Moderati e la lista di Cateno De Luca) un modo per colpire Roberto Scarpinato e Federico Cafiero De Raho, i due ex magistrati eletti in Parlamento dal Movimento 5 stelle. In una lettera aperta Salvatore Borsellino, fratello del magistrato assassinato da Cosa Nostra, e altri rappresentanti e parenti di altre vittime di mafia e di terrorismo – dalla strage di Bologna fino a Piazza della Loggia, passando per Capaci e gli omicidi Mormile e Agostino – parlano di “vergogna di uno Stato” che “ritiene di poter allontanare i suoi più valorosi servitori con la scusa di un supposto conflitto di interessi” e attaccano la presidente Chiara Colosimo ricordando i suoi rapporti, emersi nel maggio 2023, con il terrorista nero Luigi Ciavardini. Il conflitto d’interessi, scrivono, “non fu ritenuto così insidioso – nonostante fosse stato cristallizzato con tanto di prova fotografica – quando ad averlo è la presidente stessa”.

“A un anno e mezzo di distanza dalla prima lettera aperta – premettono – siamo costretti a tornare a scrivere per denunciare la concretizzazione del conflitto di interessi che avevamo previsto nel nostro accorato appello, affinché l’onorevole Chiara Colosimo non venisse designata presidente della Commissione parlamentare antimafia. Nel maggio dello scorso anno avevamo voluto accendere i riflettori sui ‘rapporti tra la suddetta deputata di Fratelli d’Italia e il terrorista dell’eversione di destra Luigi Ciavardini’ e sul pericolo che quei legami potessero inficiare il sereno svolgimento delle inchieste della Commissione”.

Borsellino, Paolo Bolognesi, Luigi Dainelli e Daniele Gabrielli, Manlio Milani, Stefano Mormile, Federico Sinicato, Nunzia Agostino, Paola Caccia, Angela Gentile Manca e Brizio Montinaro proseguono: “Nonostante plurime sentenze abbiano confermato il coinvolgimento degli eversori neofascisti (con la complicità di parti infedeli delle istituzioni), non solo nella campagna stragista degli anni della strategia della tensione, ma anche in quella mafiosa degli anni ’92-’94, il primo passo della Commissione è stato quello di circoscrivere il lavoro sulla sola strage di via D’Amelio – analizzandola come un fatto isolato e non all’interno di una strategia complessiva – e, riguardo questa, soltanto sul ruolo della cosiddetta ‘inchiesta mafia-appalti’. Eliminando così il ruolo degli apparati di sicurezza e degli eversori di destra e, quindi, tra gli altri, quello di Paolo Bellini (neofascista entrato – secondo una sentenza di primo e secondo grado – in prima persona nella strage della stazione di Bologna e nelle ‘trattative’ mafiose degli anni ‘90)”.

Quindi, continuano i firmati, “il secondo passo è stato quello di cestinare la dettagliata proposta” di Scarpinato “di svolgere approfondimenti concernenti il coinvolgimento nelle stragi mafiose di apparati statali, massoneria e di soggetti appartenenti al mondo dell’eversione di destra”. La lettera, a questo punto, arriva alla proposta di legge: “Ma è l’ultimo atto della Commissione, preannunciato dalla presidente Colosimo pochi giorni fa, che ci ha indotti ad intervenire nuovamente: la proposta di modifica del regolamento interno della Commissione per escludere dai lavori quei parlamentari che avrebbero presunte (e pericolosamente generiche) ‘incompatibilità’ con le inchieste dell’organo parlamentare”. Chi si preannuncerebbe essere il primo escluso per la fantomatica incompatibilità, anche definita ‘conflitto di interessi’?, si chiedono retoricamente: “Proprio il senatore Roberto Scarpinato, che ha trascorso la sua vita da magistrato ad indagare sui rapporti tra mafia, massoneria, Servizi segreti e terroristi di destra. La sua ultima indagine, prima di andare in pensione, ha portato alla condanna (ancora non definitiva), per l’omicidio del poliziotto Nino Agostino e di sua moglie incinta, di due mafiosi con saldi legami con i Servizi”.
FQ 24 OTTOBRE 2024

LEGGI ANCHE: Dossieraggio Caso Striano, le domande del sen Scarpinato al Colonnello della Gdf Sassi
https://youtu.be/Kwp6vhDFbWc

LEGGI ANCHE: Caso Striano, Scarpinato in Antimafia: “Qualcosa non ha funzionato a livello istituzionale”
https://youtu.be/_dSQ2LZgI0Q

529 - 161

Malgradotutto
Posted 1 week ago

La Destra israeliana rilancia:«Ricolonizzare Gaza si può» - di Michele Giorgio - 22 ottobre 2024
Invado avanti Migliaia di attivisti e coloni riuniti, con ministri e deputati, a ridosso della Striscia per chiedere di annettere l’enclave. Secondo l’associazione Nachala, ci sono 700 famiglie israeliane pronte a trasferirsi a Gaza
«Quello che abbiamo imparato quest’anno è che tutto dipende da noi. Abbiamo vissuto una terribile catastrofe. Ma un anno dopo molti israeliani hanno cambiato il loro modo di pensare. Capiscono che siamo i proprietari della terra. E quando ci comportiamo come tali, ciò porta dei risultati». Le parole pronunciate dal ministro della Sicurezza Itamar Ben Gvir, star indiscussa della destra estrema israeliana, ieri hanno entusiasmato i presenti, tra cui decine di bambini e adolescenti, alla conferenza «Prepariamoci al reinsediamento Gaza» convocata dall’organizzazione dei coloni israeliani Nachala nell’area di Reim, nei pressi del kibbutz Beeri, uno dei luoghi più noti dell’attacco di Hamas nel sud di Israele il 7 ottobre 2023. Gli applausi sono stati lunghi e calorosi, specie quando Ben Gvir ha ribadito il suo appello a incoraggiare gli abitanti di Gaza a trasferirsi «volontariamente» in altri paesi. Tanti tra il pubblico hanno guardato verso Gaza, distante pochi chilometri, forse immaginandosi già nella Striscia al posto dei palestinesi. In quello stesso momento dall’altra parte delle linee di demarcazione, aerei e carri armati israeliani scaricavano bombe e cannonate sulle case di Jabaliya, Beit Lahiya, Beit Hanun nella parte più settentrionale di Gaza. Ufficialmente per stanare i combattenti di Hamas.

Non sono pochi coloro che vedono in questa rinnovata offensiva militare di inaudita violenta, che miete ogni giorno decine di vite, la realizzazione concreta del piano del generale Giora Eiland di rimuovere l’intera popolazione civile dal nord di Gaza trasferendola a sud, oltre il Corridoio di Netzarim. Ciò che desidera la destra riunita ieri a ridosso di Gaza: l’espulsione degli abitanti palestinesi e la ricostruzione della ventina di insediamenti coloniali ebraici (8mila abitanti) che lo scomparso premier Ariel Sharon fece evacuare e demolire nell’estate del 2005 nel quadro del suo «Piano di disimpegno».


«Prepariamoci al reinsediamento di Gaza», è stata la continuazione di un’altra conferenza organizzata dai coloni lo scorso gennaio. Domenica, un gruppo più piccolo di attivisti, era arrivato nei pressi di Beeri per costruire i tabernacoli in occasione della festa ebraica di Sukkot. Ieri si sono uniti a loro altri rappresentanti di gruppi pro-colonie e partiti di destra. L’evento, prima del discorso di Ben Gvir, ha visto dibattiti, incontri e attività di indottrinamento dei bambini, tra cui uno spettacolo di marionette che racconta il ritiro da Gaza del 2005. Per tutto il giorno i partecipanti hanno continuato a erigere capanne del Sukkot. Su una di esse c’era una offerta allettante per attivisti e simpatizzanti della destra: «Unitevi a noi nella nuova Gaza City, nella rinascita di Gush Qatif» (il nome del blocco di colonie distrutto nel 2005). Una Gaza non più araba e senza palestinesi ovviamente. Una sorta di hub tecnologico e turistico da annettere allo Stato di Israele.

A dare una dimensione «spirituale» all’evento ha pensato la persona che può essere considerata la sacerdotessa dell’ultranazionalismo israeliano, Daniela Weiss, la leader di Nachala. A suo agio di fronte alla folla e alle telecamere, anche di tv straniere, ha presieduto i dibattitti più affollati nella sukka principale della conferenza, interrotti da frequenti applausi e parole di approvazione. Weiss a un certo punto ha pronunciato la sua profezia. «So già dove sarà la mia casa (a Gaza)» ha detto «in questi anni abbiamo ottenuto risultati importanti in Cisgiordania che molti ritenevano impossibili. Altrettanto avverrà in Gaza, nonostante le voci contrarie. Ricordate queste mie parole: tra un anno, vi dico tra un anno, il nostro obiettivo (a Gaza) sarà raggiunto». Pare che Nachala abbia ordinato e pagato 40 edifici – con donazioni milionarie – prefabbricati con i quali intende entrare appena possibile a Gaza.

Accanto a Weiss, è rimasta seduta a lungo Rivka Baruch, una giovane ortodossa di Gerusalemme, cognata di Uriel Baruch, uno dei 101 ostaggi israeliani a Gaza. «Dobbiamo tenerci ciò che con grande sforzo (militare) siamo riusciti a prenderci a Gaza» ci dice «questa è la soluzione più efficace per riportare a casa gli ostaggi. Dobbiamo prenderci tutto. Possiamo farlo un poco alla volta». Rivka Baruch si dice sicura che Netanyahu è sottoposto a molte pressioni, anche internazionali, ma alla fine non farà nulla per fermare la ricostruzione delle colonie a Gaza. «Non credo che si opporrà quando vedrà i risultati di questa conferenza e la nostra determinazione nel realizzare il suo programma». Ne è convinto anche il deputato del Likud Ariel Kellner. Giunto con la moglie e i cinque figli da Haifa, ha dichiarato ai media israeliani che «le colonie sono essenziali per ripristinare la sicurezza di Israele». «Netanyahu – ha aggiunto – non sta dicendo che non devi stabilirti (a Gaza). Sta dicendo che non è realistico. Quindi, dobbiamo renderlo realistico». Secondo il direttore di Nachala, Zvi Elimelech Sharbaf, esisterebbero già sei nuclei di insediamento con 700 famiglie pronte a stabilirsi nella Striscia.



Che destino avranno i due milioni di abitanti palestinesi di Gaza? Aharon Ravgher, che ha vissuto per un lungo periodo a Gush Qatif prima del 2005, ha pronta la risposta che darebbero un po’ tutti i presenti. «Gaza è parte di Israele e i palestinesi devono andare via, che vadano nei paesi arabi», ci dice senza esitazioni. Tenuto da poliziotti e soldati a decine di metri di distanza dalla conferenza, un gruppetto di persone protesta contro la destra. Una di loro, Gal, di Tel Aviv, non usa mezze misure. «Sono dei folli quelli che parlano di colonizzare di nuovo Gaza, fanatici appoggiati da ministri e deputati. Non manderò mio figlio a morire per loro», afferma.

a questo link, ilmanifesto.it/la-destra-israeliana-rilanciaricolo… i video del
MINISTRO BEN GVIR CHE PRONUNCIA IL SUO DISCORSO (Video Rachel Fink)
E DANIELA WEISS, la sacerdotessa dell’ultranazionalismo israeliano.

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Malgradotutto
Posted 1 week ago

La democrazia ormai è parodia - di Massimo Fini - 21 ottobre 2024
“Questa democrazia che a farle i complimenti ci vuole fantasia”, Giorgio Gaber, 2003.

Noi paghiamo della gente perché ci comandi. Un masochismo abbastanza impressionante che “dovrebbe lasciare stupiti gli uomini capaci di riflessione” (Jacques Necker, politico svizzero, attivo nel Settecento). Evidentemente di “uomini capaci di riflessione” in circolazione ce ne sono pochi perché noi, comuni mortali, continuiamo a pagare, e lautamente, coloro che ci comandano. Chi sono costoro? Dei mediocri. Scrive Tocqueville ne La democrazia in America: “Al mio arrivo negli Stati Uniti fui molto sorpreso fino a qual punto il merito… fosse scarso nei governanti… Quando voi entrate nell’aula dei rappresentanti a Washington restate colpiti dall’aspetto volgare di questa grande assemblea. Invano voi cercate un uomo celebre, quasi tutti i suoi membri sono oscuri personaggi il cui nome non vi dice nulla”. Il merito. Nessun uomo che abbia delle qualità si mette a far politica. In politica si mettono uomini senza qualità per procurarsi un lauto guadagno che non potrebbero ottenere altrimenti. Scrive Max Weber: ”di politica come professione vive chi tende a farne una duratura forma di guadagno” (Il lavoro intellettuale come professione, 1919).

Dice: di che ti lamenti? Sei stato tu a scegliere questi personaggi. Nient’affatto. Sono state le oligarchie dei partiti a metterli nelle condizioni di essere eletti.

Più ci si addentra nella ricerca dei requisiti necessari alla democrazia perché sia veramente tale e più le cose si fanno nebulose. Sarà il consenso? Hitler e Mussolini hanno avuto, con metodi democratici, un consenso ben maggiore dei regimi liberali.

Norberto Bobbio, dopo aver dedicato tutta la sua laboriosa vita allo studio della democrazia, la definisce così: “Per regime democratico s’intende primariamente un insieme di regole e di procedure per la formazione di decisioni collettive”. Una definizione così esangue da risultare difficile da comprendere.

E poi non è affatto vero che in democrazia i cittadini siano eguali, come vorrebbe l’articolo 3 della Costituzione. Nota Gaetano Mosca, esponente, insieme a Vilfredo Pareto e Robert Michels della “scuola elitista” italiana dei primi del Novecento: “Cento che agiscano sempre di concerto e di intesa gli uni con gli altri trionferanno su mille presi uno a uno che non avranno alcun accordo fra loro” (La classe politica). Quindi la democrazia, quando va bene, è un sistema di oligarchie o, come le chiama pudicamente Giovanni Sartori, di “poliarchie”.

Se la democrazia si definisce quindi come un sistema di “regole e procedure” almeno queste dovrebbero restare invariate e invariata soprattutto dovrebbe essere la Costituzione che è la regola fondante di un sistema democratico, ma in Italia, e non solo in Italia, è generalmente ammesso che si sia formata una “costituzione materiale”. Quindi la democrazia cammina su un terreno di sabbie mobili. E non è affatto detto che non possa diventare, con metodi legali, una sostanziale dittatura. E’ il caso di Berlusconi (ma lo cito qui solo a volo d’uccello perché il nostro discorso riguarda tutte le democrazie) che per vent’anni ha accumulato un potere enorme in politica, in economica, nei media.

Ma quel che più colpisce è che nei nostri rappresentanti non c’è nessun requisito specifico per arrivare al potere. Nel feudalesimo, occidentale e orientale, i nobili sono coloro che sanno portare le armi, in certe epoche dell’antico Egitto la professione di scriba conduceva alle cariche pubbliche e al potere, in Cina la conoscenza dei numerosissimi e difficili caratteri della scrittura era la base della casta dei mandarini, nella Roma repubblicana il comando, attraverso la trafila delle magistrature (questore, edile, pretore, console) andava ai giurisperiti che in genere erano anche uomini d’arme, in altre realtà la casta sacerdotale era creduta in possesso di doti particolari che le permettevano di mediare con la divinità. Insomma in democrazia il prerequisito necessario dell’uomo politico è, tautologicamente, di fare politica. E’, per dirla con Musil, “un uomo senza qualità”. Direi che la sua qualità è di non averne alcuna.

Inoltre a ledere ogni principio di uguaglianza che dovrebbe essere l’essenza della democrazia c’è la creazione di uno star system che è lontanissimo dai comuni mortali. Oggi tu lettore che mi leggi sei più lontano da qualsiasi star di quanto il contadino fosse lontano dal suo feudatario, perché vivevano fianco a fianco. Questi hanno plotoni di guardie del corpo che equivalgono a un esercito. Insomma io non posso dare un cazzotto a Matteo Salvini perché sarei prima massacrato dalle sue guardie del corpo e poi finirei in gattabuia, perché lo Stato, cioè i suoi rappresentanti, hanno il monopolio della violenza.

E qui tornano buoni i Nuer. Un popolo nilotico che fu studiato dall’antropologo inglese Evans-Pritchard che visse a lungo fra di loro. Ma i Nuer, almeno in Africa Nera non sono un’eccezione, fanno parte di quelle comunità dette ‘acefale’, cioè senza capi. Così li descrive Pritchard: “E’ impossibile vivere fra i Nuer e immaginare dei governanti che li governino. Il Nuer è il prodotto di un’educazione dura ed egalitaria, profondamente democratico e facilmente portato alla violenza. Il suo spirito turbolento trova ogni restrizione irritabile; nessuno riconosce un superiore sopra di sé. La ricchezza non fa differenza… Un uomo che ha molto bestiame viene invidiato, ma non trattato differentemente da chi ne possiede poco. La nascita non fa differenza… Ogni Nuer considera di valere quanto il suo vicino” (I Nuer, “un’anarchia ordinata”). Insomma i Nuer hanno realizzato, senza far tanta ideologia, quelli che erano i princìpi di Locke, uno dei fondatori della liberal democrazia. Insomma i Nuer si fanno giustizia da sé, se tu insulti non dico un Nuer ma la sua mucca un colpo di clava non te lo toglie nessuno. Adesso la violenza la esercitiamo noi su di loro. Legioni di politici, di antropologi, di religiosi, di volontari, insomma l’intera legione delle anime belle si è catapultata in Sud Sudan per ricondurre i Nuer alle buone maniere. E i Nuer si sono allora spostati un po’ più in là. Insomma l’Occidente, ma non solo, non tollera “l’altro da sé”. Si tratti di Nuer o, per fare un esempio più attuale, di talebani afghani. Noi siamo, si sa, la “cultura superiore”. E non è bastato che l’antropologo Lévi-Strauss chiarisse che non esistono culture superiori o inferiori, ma solo diverse e che ognuna ha al proprio interno dei pesi e dei contrappesi che la equilibrano. E non è bastato nemmeno che nella Convenzione di Helsinki del 1975 quasi tutti gli Stati del mondo, in un momento di lucidità, sancissero il diritto “all’autodeterminazione dei popoli”, cioè il diritto di ogni popolo di evoluire, o anche di non evoluire, secondo la propria storia, le proprie tradizioni, le proprie consuetudini. No, dobbiamo essere tutti “democratici”. Quello democratico è il vero totalitarismo.



Il Fatto Quotidiano

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Malgradotutto
Posted 1 week ago

3'PARTE..
Presidente Biden e vicepresidente Harris, qualsiasi soluzione a questo problema deve iniziare con un cessate il fuoco immediato e permanente. Apprezziamo il fatto che stiate lavorando a un accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas, ma avete trascurato un fatto ovvio: gli Stati Uniti possono imporre un cessate il fuoco alle parti in guerra semplicemente interrompendo le spedizioni di armi a Israele e annunciando che parteciperemo a un embargo internazionale sulle armi sia a Israele che a tutti i gruppi armati palestinesi. Sottolineiamo ciò che molti altri vi hanno ripetutamente detto nell’ultimo anno: la legge americana è perfettamente chiara su questa questione, continuare ad armare Israele è illegale.

Presidente Biden e vicepresidente Harris, vi esortiamo a sospendere immediatamente il supporto militare, economico e diplomatico allo Stato di Israele e a partecipare a un embargo internazionale sulle armi di Israele e di tutti i gruppi armati palestinesi fino a quando non verrà stabilito un cessate il fuoco permanente a Gaza, incluso il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani e palestinesi e fino a quando non verrà negoziata una risoluzione permanente del conflitto israelo-palestinese tra le due parti. Vicepresidente Harris, come probabile prossimo presidente degli Stati Uniti, vi esortiamo ad annunciare pubblicamente il vostro sostegno a tale politica e a dichiarare pubblicamente che siete tenuti a rispettare le leggi degli Stati Uniti anche quando farlo è politicamente scomodo.

Presidente Biden e Vicepresidente Harris, siamo 99 medici e infermieri americani che hanno assistito a crimini oltre ogni comprensione. Crimini che non possiamo credere che vogliate continuare a sostenere. Vi preghiamo di incontrarci per discutere di ciò che abbiamo visto e del perché riteniamo che la politica americana in Medio Oriente debba cambiare immediatamente.
Nel frattempo, ribadiamo quanto scritto nella nostra lettera del 25 luglio 2024:
1. Il valico di Rafah tra Gaza ed Egitto deve essere immediatamente riaperto e deve consentire la consegna di aiuti senza restrizioni da parte di organizzazioni umanitarie internazionali riconosciute. I controlli di sicurezza delle consegne di aiuti devono essere condotti da un regime di ispezione internazionale indipendente anziché dalle forze israeliane. Questi controlli devono essere basati su un elenco chiaro, inequivocabile e pubblicato di articoli proibiti e con un chiaro meccanismo internazionale indipendente per contestare gli articoli proibiti, come verificato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari nel territorio palestinese occupato.
2. Una dotazione minima di acqua di 15 litri di acqua potabile a persona al giorno, il minimo del Manuale Sphere in un’emergenza umanitaria, deve essere assegnata alla popolazione di Gaza, come verificato da UN Water.
3. Deve essere ripreso l’accesso completo e senza restrizioni di professionisti medici e chirurgici e di attrezzature mediche e chirurgiche alla Striscia di Gaza. Ciò deve includere gli articoli portati nei bagagli personali degli operatori sanitari per salvaguardarne la corretta conservazione, sterilità e consegna tempestiva, come verificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Incredibilmente, Israele continua a impedire agli operatori sanitari di origine palestinese di lavorare a Gaza, persino ai cittadini americani. Ciò prende in giro l’ideale americano secondo cui “tutti gli uomini sono creati uguali” e degrada sia i nostri ideali nazionali che la nostra professione. Il nostro lavoro salva vite. I nostri colleghi sanitari palestinesi a Gaza sono disperatamente alla ricerca di sollievo e protezione, e meritano entrambe le cose.
Non siamo politici. Non pretendiamo di avere tutte le risposte. Siamo semplicemente professionisti della guarigione che non possono rimanere in silenzio su ciò che abbiamo visto a Gaza. Ogni giorno in cui continuiamo a fornire armi e munizioni a Israele è un altro giorno in cui le donne vengono fatte a pezzi dalle nostre bombe e i bambini vengono assassinati dai nostri proiettili.

Presidente Biden e vicepresidente Harris, vi esortiamo: ponete fine a questa follia ora!
Sinceramente

2 ottobre 2024

Mark Perlmutter e altri 98
Per il testo originale della lettera: www.gazahealthcareletters.org/usa-letter-oct-2-202…. La traduzione in italiano è di Domenico Gallo
FINE

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