#SIMBALARUE È STATO
#ARRESTATO •Come riporta l’Ansa, questa mattina i carabinieri di Milano hanno eseguito un’ordinanza di custodia in carcere a carico di nove persone nell’ambito della faida tra le crew che ruotano attorno alle figure dei trapper Simba La Rue e Touché. Tra i destinatari del provvedimento che vivono tra le province di Bergamo, Como e Lecco c’è lo stesso Simba. Secondo quanto riporta Milano Today, che cita fonti investigative, l’arresto del rapper ha a che fare con il sequestro e il pestaggio di Touché.
Ma facciamo ordine. Negli ultimi mesi le bande si sono vicendevolmente minacciate, offese e colpite, arrivando a travalicare ogni limite di senso. Come vi abbiamo raccontato, le due band si erano provocate fino ad arrivare, a inizio giugno, a un vero e proprio sequestro di persona ai danni di Touché, documentato dai rivali in diretta Instagram.
Per tutta risposta, Simba La Rue, che aveva partecipato al misfatto, era stato vittima di un agguato punitivo, finendo in ospedale in seguito a un accoltellamento. Sul caso sta indando la procura di Bergamo. Il gip Guido Salvini ha parlato di «reiterati episodi di violenza» e di «aspra conflittualità determinata dalle rivalità nella diffusione delle rispettive produzioni musicali».
Ora a, distanza di un paio di mesi, i carabinieri sono intervenuti con un’ordinanza cautelare che riguarda nove presunti componenti delle crew. A Simba e ad altre cinque persone è contestato un episodio di rapina ai danni di due membri della gang rivale, avvenuta lo scorso marzo. In una conversazione ascoltata dagli inquirenti, le crew sono arrivate a parlare di Milano come di una «zona di guerra».
Come riportato dal Corriere della Sera, il gip ha aggiunto che «gli odierni indagati vivono una totale astrazione dalla realtà, che impedisce loro di percepire il disvalore e il peso delle azioni criminose poste in essere; questa continua sfida ad alzare sempre la posta in gioco, le continue e improvvise ritorsioni, sono ormai fortemente pericolose per la sicurezza pubblica. Sussiste la forte percezione che gli indagati vogliano perseverare in questa dinamica di giustizia privata».
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